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Come possiamo raggiungere una certa permeabilità?

Un esperimento
riflessivo
Il Padiglione Tedesco #3

Come possiamo raggiungere una certa permeabilità? Shaunak Mahbubani

Screenshot dal video Cosa potrebbe essere...? Sajan Mani nel Padiglione Tedesco

Un discorso critico esaustivo sui padiglioni nazionali alla Biennale di Venezia deve prendere in considerazione le possibilità che una struttura post-nazionale offrirebbe. Nel contributo che segue, suddiviso in due parti - un'intervista con l'artista Sajan Mani e riflessioni valutative - Shaunak Mahbubani evidenzia alcuni approcci.

Metabox-Definizioni di Coral Chavan

Sajan Mani in conversazione con Shaunak Mahbubani

Un esperimento riflessivo: verso un'appartenenza non singolare Sajan Mani in conversazione con Shaunak Mahbubani

Screenshot dal video Cosa potrebbe essere...? Sajan Mani nel Padiglione Tedesco

La ricerca dell'artista interdisciplinare Sajan Mani, residente a Berlino, sulla storia del trasferimento di conoscenze tra la Germania e il Kerala, in India, ci indica la strada per un futuro caratterizzato da un'appartenenza non singolare.

SHAUNAK Caro Sajan, grazie per aver accettato di incontrarmi! Premetto che parlo dal punto di vista di una persona Vaishya. Il mio approccio alla lotta contro le caste non si basa su un'esperienza personale di oppressione da parte di questo sistema, ma piuttosto sul confronto con te e con molti altri cari amici, tra cui Dhrubo Jyoti, Jyotsna Siddharth, Akhil Kang, Amol K. Patil, Rajyashri Goody e Vidisha-Fadescha.

Molte delle nostre conversazioni si sono incentrate sull'appartenenza e sui confini nel contesto della mobilità e della cittadinanza, ma anche sulla stratificazione sociale derivante dalle discriminazioni razziali e di casta. Come ti relazioni oggi con questi concetti?

SAJAN Negli ultimi cinque anni, da quando vivo in Germania, continuo a chiedermi quale sia il mio posto. Ma questo vale anche per l'India. L'alterità e l'emarginazione (othering) sono sempre presenti per un corpo nero Dalit in India, e allo stesso tempo, quando ci si sposta e il proprio corpo nero arriva in un luogo come Berlino o la Germania, questo viene analogamente visto come qualcosa di diverso. Questa totale non-appartenenza dei nostri corpi è quindi un tema che mi interessa costantemente e su cui mi interrogo. Penso che oggi sia necessario porsi molti quesiti complessi, quesiti sulla migrazione, sugli spostamenti e sulla lingua, nonché quesiti di attualità sulle identità nazionali.

Sistema delle caste

Una gerarchia verticale che assegna valore ai gruppi sociali in base al loro grado di purezza. Deriva dal sistema Varṇa del testo giuridico indù Manusmriti, che suddivide le persone in quattro varṇa in base alla loro occupazione. Le caste considerate troppo impure per appartenere a uno dei varṇa costituiscono il livello più basso di questo sistema. La professione più apprezzata è quella del sacerdote, il brāhmaṇa, a cui è consentito leggere i sacri Veda. I lavoratori più in basso svolgono professioni umili, e la loro stessa esistenza è considerata un'offesa al sistema delle caste. Il dottor Ambedkar ha definito il sistema delle caste "la divisione dei lavoratori". Il sistema delle caste non consente il passaggio da una classe sociale all'altra e vieta i matrimoni inter-casta. I suoi valori e le sue relazioni sociali sono ancora presenti nel subcontinente indiano.

Dalit

Un'identità socio-politica che i gruppi più bassi ed emarginati del sistema delle caste si sono auto-attribuiti. Letteralmente, il termine può essere tradotto come "rotto". Negli ultimi tempi è diventato sempre più importante perché dà alle caste, la cui oppressione non è presa in considerazione dalla Costituzione indiana, un modo per identificarsi. Come prefisso, il termine è usato anche per indicare le persone che si sono convertite dall'Induismo - Dalit cristiani, Dalit musulmani, ecc. Nel frattempo, il termine indica anche il movimento di lotta anti-casta delle caste oppresse ed escluse dal sistema Varṇa.

SHAUNAK Se vogliamo rendere i confini più permeabili, noi operatori e operatrici del settore culturale potremmo rendere più permeabili i confini dell'inclusione nei padiglioni nazionali. Di solito questi sono affidati ad artisti e artiste che corrispondono alle idee della maggioranza nazionale, ma cosa succederebbe se cambiassimo alcune di queste strutture? Immagino che se tu fossi invitato a Venezia con le tue opere sarebbe al Padiglione della Germania, non a quello dell'India. Cosa vorresti presentare lì?

Un fotogramma della performance "Citizen Ship Burn It Down!" di Sajan Mani alla Biennale di Vancouver del 2014, che illustra un tentativo fallito di migrazione dall'Asia al Canada nel 1914 a bordo del piroscafo giapponese KomagataMaru, con 376 persone indiane a bordo. Sajan Mani, "Citizen Ship Burn It Down!", Performance (Fotogramma), 6 ore, Biennale di Vancouver, Canada, 2014 © Per gentile concessione dell'artista

SAJAN Come hai detto tu, il concetto di padiglioni nazionali è di per sé problematico, e per di più è ancora al servizio di una visione del mondo molto eurocentrica. Vorrei tornare al tuo esempio della cosiddetta India. Il Paese non ha un padiglione permanente, ma non lo vorrei nemmeno, perché già sappiamo che aspetto avrebbe. Inoltre, l'idea di un Padiglione dell'India non gioca alcun ruolo nell'immaginario della gente oggigiorno.

Tuttavia, se fossi invitato al Padiglione Tedesco, riempirei volentieri le pareti dell'edificio con la mia lingua madre, il malayalam.

Inserto video: Sajan Mani, "'Caste-pital' durational performance 9.30 ore, "Specters of Communism. A Festival on the Revolutionary Century" concepito da Okwui Enwezor e Damian Lentini, Haus der Kunst, Monaco, Germania, 2017, © L'artista e Haus der Kunst. Immagini sullo sfondo: Interno del Padiglione Tedesco, Biennale d'Arte di Venezia © ifa, Ugo Carmeni 2017

SAJAN Nel mio lavoro, mi ispiro alle parole di un rivoluzionario Dalit, Poykayil Appachan del Kerala, il quale fu un bambino schiavo. Cantava canzoni sulla situazione disperata dei Dalit, ad esempio sui suoi nonni che venivano macellati come animali. Non c'è quasi nessun materiale d'archivio sulle persone oppresse che provenga da loro stesse, dai Dalit e così via, quindi come si può creare una contro-narrativa che possa competere con queste produzioni (braminiche) di conoscenza? Per questo motivo ho cercato altre forme di archiviazione. Per questo motivo ho preso queste canzoni e le ho utilizzate nel mio lavoro; in un certo senso disegnando, recitando con esse, lavorando con il mio corpo. 

In ogni caso, vorrei riempire le pareti del padiglione con le canzoni di Poykayil in malayalam, in particolare quella che parla di "gente che viene dalle terre ariane". Si tratta dell'invasione delle terre dravidiche del Kerala da parte degli ariani:

Braminico

Termine usato per descrivere tutto ciò che ha a che fare con la classe sociale dei bramini (brāhmaṇa), il gruppo più in alto nel sistema delle caste. Braminico è tutto ciò che proviene dai bramini, la cui posizione nel sistema delle caste è la più ambita e persino al di sopra degli dei indù. Il sistema delle caste è spesso descritto come braminico, come qualcosa che cerca di assomigliare o imitare i bramini. Questo comporta una nozione di purezza, soprattutto in relazione al divieto di matrimonio tra caste. I gruppi di status inferiore secondo la gerarchia delle caste discriminano coloro che si trovano più in basso di loro per imitare il più possibile i bramini. Nella discussione attuale, "braminico" si riferisce al discorso pro-casta che sostiene il mantenimento del sistema di caste e della separazione.

Ariano

Si riferisce alla "razza" ariana. Una teoria popolare nel discorso anti-casta è l'invasione ariana della popolazione indigena dravidica. Si ritiene che gli ariani, di origine indoeuropea, abbiano invaso il subcontinente indiano. Gli attuali gruppi Dalit e Adivasi discenderebbero dai Dravidi, gli abitanti originari del subcontinente indiano. Le lingue indo-ariane dell'India settentrionale e i testi sacri indù, come il Manusmriti e i Veda, sarebbero originati dalla popolazione ariana. Questa tesi è fortemente contestata, anche se raramente ha luogo un dibattito serio tra gli studiosi. Rimane una teoria che viene solitamente rifiutata da fondamentalisti ed estremisti indù in quanto li dichiara invasori.

SAJAN Quando scrivo testi sulla violenza e l'intrusione sui muri di un edificio intriso di pretenziosità ariana come il Padiglione della Germania, non è necessariamente per evidenziare una colpa, ma piuttosto per pensare in termini di coesistenza futura. Nella mia ricerca attuale, sto esplorando le complesse relazioni storiche e politiche della mia lingua madre, il Malayalam, con la Germania. Hermann Gundert, nonno di Hermann Hesse, lavorò come missionario in Kerala e si interessò molto alla lingua locale. Ha anche pubblicato il primo dizionario di Malayalam. In Germania esistono numerosi archivi con testi in Malayalam. In particolare, vale la pena menzionare l'Università di Tubinga, che possiede rari manoscritti in lingua malayalam risalenti agli anni '70 del diciannovesimo secolo. Mi sto facendo strada attraverso questi archivi per oppormi alla produzione braminica della conoscenza.

Uso la mia lingua madre nel mio lavoro, utilizzando il disegno come scrittura e la scrittura come disegno, e sviluppando in tal modo una fantasia con il linguaggio. In una simile presentazione, questo tesoro linguistico diventa un'opera d'arte astratta, una sostanza fluida che collega il presente e il futuro, attraverso i continenti, la Germania e il Kerala, trascendendo modelli di identità costrittivi.

ആര്യപ്പുനാട്ടിൽ നിന്നേ തെയ്യംതാരാ ആര്യപ്പുപട്ടൻമാരേ തെയ്യംതാരാ..

Poykayil Appachan

Sajan recita la poesia in malayalam.

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SHAUNAK Il giurista, economista e attivista anti-casta indiano Dott. Babasaheb (B. R.) Ambedkar ha sollevato la questione: "Come possono persone appartenenti a diverse migliaia di caste formare una nazione comune?". Le sue parole possono ispirarci a pensare a un futuro post-nazionale. Te sosterresti un padiglione Dalit o un padiglione per le minoranze oppresse? a Venezia ci sono già stati un progetto di padiglione Rom e padiglioni per rifugiati.

Dott. Ambedkar

Il Dott. Bhimrao Ramji Ambedkar (1891-1956) è stato uno studioso prolifico, uno scrittore, il primo procuratore generale dell'India e il presidente del Comitato di redazione della Costituzione indiana. Era molto istruito e possedeva diverse lauree in economia e diritto. Si è battuto per la riforma anti-casta in tutto il Paese e ha lottato per i diritti dei Dalit. Nella comunità Dalit è considerato una figura paterna e viene chiamato affettuosamente "Babasaheb". Tra gli altri testi fondamentali contro il sistema delle caste, ha scritto anche "L'annientamento delle caste" (Annihilation of Caste). Ha dimostrato che il sistema delle caste è inseparabile dall'induismo, rinunciato pubblicamente a questo credo e si è convertito al buddismo. Si è battuto per i diritti delle donne e per la valorizzazione della comunità Dalit.

SAJAN Oggi la casta non è più un fenomeno esclusivamente indiano o regionale, ma ha assunto una dimensione globale. Anche nel mondo accademico, però, non si comprende bene cosa sia la casta. Le domande fondamentali non vengono poste. Un luogo come la Biennale di Venezia potrebbe quindi dare degli impulsi, creare molti spazi per avviare una discussione o rendere più comprensibile il concetto di casta. E dobbiamo porci delle domande fondamentali: che tipo di critica possiamo concretamente offrire, realizzare e avviare? Le domande sorgeranno nella pratica e nelle discussioni che ne deriveranno, ma sì, sarebbe bello se ciò accadesse, se i padiglioni fossero dedicati alle minoranze.

SHAUNAK Inshallah, che possa davvero succedereIn qualità di partecipante a numerose biennali internazionali in diversi continenti: Quali esperienze hai fatto e che strada pensi che debbano prendere le mostre d'arte internazionali in futuro?

SAJAN Mi auguro un tipo di attivismo che crei spazi per discussioni davvero serie su iniziative locali indipendenti dal turismo e dal mercato internazionale dell'arte. Se si osservano più da vicino, le network - i movimenti, le idee delle persone - sono ancora molto eurocentriche. Il Sud, in qualche modo, è davvero assente. Penso quindi che ci debbano essere discussioni e scambi reciproci in seno al Sud. Abbiamo bisogno di tempo e spazio. Soprattutto per quanto riguarda i disastri ambientali e la giustizia climatica: dobbiamo affrontare questi temi in un quadro generale, non da un punto di vista ristretto ed eurocentrico. Vedo la necessità di creare legami reciproci molto profondi, belli e critici nel Sud.

മലയാ ള ശരീ രം ' (Corpo di Malayalam), serigrafie su foglio di gomma naturale basate sui primi dizionari manoscritti per il Malayalam del missionario tedesco Herman Gundert, nonno dello scrittore Herman Hesse. Sajan Mani, 'മലയാ ള ശരീ രം' (Corpo di Malayalam), Serigrafie su foglio di gomma naturale, 53 x 32 cm (ciascuna circa), 2021, © Per gentile concessione dell'artista

Infrastruttura come tabella di marcia

Infrastruttura come tabella di marcia

Screenshot dal video Cosa potrebbe essere...? Sajan Mani nel Padiglione Tedesco

Shaunak Mahbubani continua a esplorare percorsi di permeabilità, ricordandoci che la spinta verso una rappresentanza post-nazionale non deve essere un pretesto per esotizzare artisti e artiste come nuovi oggetti etnografici. Quali cambiamenti sono necessari per realizzare un futuro giusto?

La filosofa e teorica politica Hannah Arendt distingueva tra "nazione" e "Stato": definiva la prima come il gruppo dominante in un territorio limitato con la propria cultura, la propria lingua e la propria storia comune; il secondo, secondo lei, determinava lo status "legale" delle persone che vivevano in un territorio, cioè determinava chi era considerato un cittadino con diritti politici. Arendt ha ricostruito lo sviluppo di questi concetti durante il periodo tra le due guerre mondiali in Europa, in particolare in relazione alle decisioni nefaste che hanno portato alla creazione di nuove minoranze giuridiche e generato milioni di apolidi. Arendt concludeva che “La nazione aveva conquistato lo stato”.

Il dibattito critico sul perdurare dei padiglioni nazionali alla Biennale di Venezia esamina il carattere obsoleto di questo concetto e insiste sulla necessità di una struttura post-nazionale, ma tale dialogo può davvero aver luogo in assenza di un accesso e di uno spazio per coloro che hanno vissuto in qualità di minoranze all'interno dello Stato nazionale? Ispirandosi agli scritti dello scrittore anti-caste e polimatico Dott. B. R. Ambedkar, Mansi Bhalerao auspica una nazione che possa essere: "uno spazio con nuove forme di relazioni sociali caratterizzate da uno spirito moderno, liberale ed egualitario e che rispecchino una riorganizzazione dei rapporti di potere all'interno dei singoli gruppi."

Nella lotta per l'indipendenza dell'Asia meridionale contro l'imperialismo britannico, il Dott. Ambedkar ha sostenuto due cose: l'autodeterminazione di tutti i popoli della regione e una vita dignitosa per la sua comunità Dalit, oppressa dal sistema delle caste per più di due millenni. Nel 1930, il Dott. Ambedkar propose una rappresentanza politica e istituzionale per le caste oppresse attraverso procedure elettorali separate. Il Mahatma Gandhi si oppose con veemenza a questa idea e fece uno sciopero della fame contro la proposta di Ambedkar. Mentre la posizione di Gandhi come padre dell'indipendenza indiana è celebrata in tutto il mondo, si parla poco dei suoi scritti e delle sue azioni a favore della conservazione del sistema delle caste nell'Asia meridionale.

Malvika Raj ritrae gli ideali visionari di Babasaheb Dr. B.R. Ambedkar nello stile pittorico Madhubani. Malvika Raj, “Quantum Leap”, Acrilico su tela, 61 x 81,4 cm, 2021 © Per gentile concessione dell'artista

Il Padiglione nazionale dell'India alla 58a Biennale di Venezia nel 2018, incentrato sull'eredità di Gandhi, ha purtroppo eluso qualsiasi riflessione critica sulla sua complicità nelle incessanti violenze contro i Dalit in India. I sette artisti riuniti sotto la guida della curatrice Roobina Karode non hanno sfortunatamente introdotto nuove prospettive, bensì rigurgitato luoghi comuni capaci di consolidare ulteriormente la visione dominante di questa figura storica. Questo fallimento può essere attribuito anche alla mancanza di partecipazione delle caste oppresse nei gruppi artistici, curatoriali, commissionali e di assistenza. Questo tipo di esclusione non è una novità in India, dove per secoli i bramini della casta degli oppressori si sono appropriati delle forme d'arte indigene e hanno sistematicamente negato l'accesso agli altri gruppi di caste; allo stesso tempo, hanno screditato gli artisti e le artiste delle comunità Dalit e Adivasi, etichettandoli come ignoranti artigiani (dell'arte).

Mentre il Padiglione Indiano è assente dalla 59a Biennale di Venezia del 2022, altri organizzatori si sono attivati per portare avanti le discussioni sul tema: I Paesi Nordici hanno ribattezzato la loro sede con il nome di Padiglione Sámi per una spettacolare mostra di Pauliina Feodoroff, Máret Ánne Sara e Anders Sunna. La Nuova Zelanda presenta una serie di prime assolute e presenta il lavoro di Yuki Kihara, che rivendica la sua ascendenza pacifica di Fa'afafine con rappresentazioni tratte da immagini etnografiche. Sonia Boyce e Simone Leigh, artiste nere rispettivamente della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, hanno ricevuto i Leoni d'Oro per le loro straordinarie opere che trasmettono identità storica e senso di comunità. Se da un lato applaudo queste presentazioni, dall'altro mi chiedo perché ci sia voluto più di un secolo perché la Gran Bretagna e gli Stati Uniti presentassero delle artiste nere nei loro padiglioni nazionali a Venezia.

In un sensibile atto di solidarietà artistica, l'artista Yuki Kihara ha attraversato le frontiere e ha dato vita alla Firsts Solidarity Network al fine di riunire per la prima volta artisti e artiste che rappresentano un gruppo emarginato. Il collegio informale è composto da Sonia Boyce, Małgorzata Mirga-Tas, la prima artista rom in un padiglione nazionale, Tsherin Sherpa, che rappresenta per la prima volta il Nepal, Lumturi Blloshmi, la prima artista a rappresentare l'Albania con una mostra individuale, nonché Shubigi Rao e la curatrice Ute Meta Bauer, il primo team femminile a rappresentare Singapore.

Sonya Boyce, Feeling Her Way. Veduta dell'installazione, Padiglione Britannico, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Cristiano Corte; British Council
Tsherin Sherpa, "Tales of Muted Spirits - Dispersed Threads - Twisted Shangri-La". Veduta dell'installazione, Padiglione del Nepal, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Hit Man Gurang
Yuki Kihara, "Paradise Camp". Veduta dell'installazione, Padiglione della Nuova Zelanda, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Luke Walker
Anders Sunna, "Illegal Spirits of Sápmi", Padiglione Sámi, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Michael Miller / OCA
Máret Ánne Sara, "Gutted - Gávogálši", Padiglione Sámi, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Michael Miller / OCA
Simone Leigh, "Last Garment", 2022, bronzo, 137,2 × 147,3 × 68,6 cm, Padiglione USA, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista e della Matthew Marks Gallery / Fotografia: Timothy Schenck
Sonya Boyce, Feeling Her Way. Veduta dell'installazione, Padiglione Britannico, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Cristiano Corte; British Council
Tsherin Sherpa, "Tales of Muted Spirits - Dispersed Threads - Twisted Shangri-La". Veduta dell'installazione, Padiglione del Nepal, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Hit Man Gurang
Yuki Kihara, "Paradise Camp". Veduta dell'installazione, Padiglione della Nuova Zelanda, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Luke Walker
Anders Sunna, "Illegal Spirits of Sápmi", Padiglione Sámi, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Michael Miller / OCA
Máret Ánne Sara, "Gutted - Gávogálši", Padiglione Sámi, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Michael Miller / OCA
Simone Leigh, "Last Garment", 2022, bronzo, 137,2 × 147,3 × 68,6 cm, Padiglione USA, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista e della Matthew Marks Gallery / Fotografia: Timothy Schenck
Sonya Boyce, Feeling Her Way. Veduta dell'installazione, Padiglione Britannico, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Cristiano Corte; British Council
Tsherin Sherpa, "Tales of Muted Spirits - Dispersed Threads - Twisted Shangri-La". Veduta dell'installazione, Padiglione del Nepal, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Hit Man Gurang
Yuki Kihara, "Paradise Camp". Veduta dell'installazione, Padiglione della Nuova Zelanda, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Luke Walker
Anders Sunna, "Illegal Spirits of Sápmi", Padiglione Sámi, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Michael Miller / OCA
Máret Ánne Sara, "Gutted - Gávogálši", Padiglione Sámi, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Michael Miller / OCA
Simone Leigh, "Last Garment", 2022, bronzo, 137,2 × 147,3 × 68,6 cm, Padiglione USA, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista e della Matthew Marks Gallery / Fotografia: Timothy Schenck
Sonya Boyce, Feeling Her Way. Veduta dell'installazione, Padiglione Britannico, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Cristiano Corte; British Council
Tsherin Sherpa, "Tales of Muted Spirits - Dispersed Threads - Twisted Shangri-La". Veduta dell'installazione, Padiglione del Nepal, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Hit Man Gurang
Yuki Kihara, "Paradise Camp". Veduta dell'installazione, Padiglione della Nuova Zelanda, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Luke Walker
Anders Sunna, "Illegal Spirits of Sápmi", Padiglione Sámi, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Michael Miller / OCA
Máret Ánne Sara, "Gutted - Gávogálši", Padiglione Sámi, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista / Fotografia: Michael Miller / OCA
Simone Leigh, "Last Garment", 2022, bronzo, 137,2 × 147,3 × 68,6 cm, Padiglione USA, Biennale d'Arte di Venezia 2022 © Per gentile concessione dell'artista e della Matthew Marks Gallery / Fotografia: Timothy Schenck

Al di là della rappresentanza estetica

Al di là della rappresentanza estetica

La mostra documenta, che si tiene ogni cinque anni e nel 2022 ha coinciso con la Biennale di Venezia, ha aperto nuovi orizzonti sotto la direzione curatoriale del collettivo indonesiano ruangrupa. L'approccio curatoriale privilegia l'impegno locale, lo scambio, le affinità strutturali e i movimenti verso un'economia dell'arte sostenibile piuttosto che un'eccessiva focalizzazione sugli oggetti e sulla produzione artistica fisica. 

Questo approccio ha riunito artisti, artiste e collettivi di tutto il mondo, spesso esclusi dagli spazi controllati dal mercato dell'arte nelle rispettive regioni, e ha favorito uno scambio ricco di sfumature su posizioni specifiche in una varietà di mezzi di comunicazione non convenzionali. Amol K. Patil e Party Office b2b Fadescha, ad esempio, provengono da caste storicamente emarginate in India. Amol ha presentato un'affascinante selezione di oggetti fragili e installazioni cinetiche, oltre a una vivida mobilitazione di musica rivoluzionaria anti-casta su pattini a rotelle, attingendo alle proprie esperienze e a quelle dei membri della sua comunità Dalit. Party Office, di cui co-curo la presentazione insieme a Vidisha-Fadescha, mette in primo piano le esperienze corporee e il trauma, creando uno spazio dedicato al piacere, al rave e alla tranquillità con il video a due canali "Nesting In Rapid Floods" (di Vidisha-Fadescha) e con lo spazio multifunzionale "Dungeon", incentrato su QTBIPoC (Queer, Trans, Black, Indigenous People of Color). C'è anche un'area di lettura con pubblicazioni come "Towards a Dalit Structure of Archiving e Consent of the Governed: Race, Constitution and Kink", ognuna delle quali raccoglie nuovi contributi di attiviste e artisti che raccontano esperienze vissute in prima persona; queste pubblicazioni vengono redatte da persone che provengono dalla stessa comunità o da una comunità limitrofa.

Nonostante si sia parlato molto dell'edizione di quest'anno di documenta, sia in positivo che in negativo, non sono state sollevate nel dibattito pubblico importanti questioni sull'ostilità istituzionale. Per esperienza diretta, posso dire che documenta non è stata in grado, come istituzione, di comprendere e rispondere alle esigenze di sicurezza degli artisti e delle artiste, molti dei quali provengono da zone di guerra e/o sono neurodivergenti o hanno diverse identità di genere. Ciò è dovuto, a sua volta, ad una scarsa diversità in termini di etnia, genere e abilità tra il personale di questa importante mostra.

Non possiamo fare della presentazione di artisti e curatrici diversi la nuova normalità culturale semplicemente rimpiazzando gli oggetti "esotici" sui piedistalli. Le istituzioni che vogliono contribuire alla creazione culturale e alla formazione di un pensiero critico devono anche riflettere sui propri meccanismi interni, promuovendo una diversificazione ad ogni livello, a partire dalle persone dotate di potere decisionale e dagli intermediari pubblici. Se vogliamo aspirare a una qualsiasi forma di futuro post-nazionale, le istituzioni devono essere valutate innanzitutto in base alla loro capacità di sostenere artisti e artiste nella piena complessità dei loro bisogni, in modo da non relegarci nuovamente in posizioni minoritarie - anche negli spazi dedicati alle diverse manifestazioni culturali.

Shaunak Mahbubani (lǝi) è unǝ curatorǝ e scrittorǝ nomade. Mahbubani cura principalmente progetti nell'ambito della serie espositiva "Allies for the Uncertain Futures". La serie esplora le possibilità di una visione condivisa del futuro basata sulla ricerca di una non-dualità. La quarta edizione, AUTOPOIESIS (2022), si svolge e si intreccia a Città del Messico e a Nuova Delhi. Insieme a Vidisha-Fadescha, Mahbubani ha curato nel 2022 il progetto "Party Office" a documenta 15.

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