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Disfare, Riesaminare, Tollerare?

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Il Padiglione Tedesco #2

Collage © Avital Greenshpon, Ferdinand Knecht, Axel Schneider

DISFARE, RIESAMINARE, TOLLERARE?

Collage © Avital Greenshpon, Ferdinand Knecht, Axel Schneider

IL PADIGLIONE TEDESCO

… è più controverso di qualsiasi altro alla Biennale di Venezia. Da quando i nazisti conferirono all'edificio espositivo il suo aspetto attuale, il Padiglione Tedesco è sempre rimasto fonte di controversie. L'architettura monumentale che lo contraddistingue non è l’unico oggetto di queste continue polemiche e disquisizioni. È ormai quasi diventata una tradizione che gli artisti e le artiste escano sfiniti dalla preparazione dei loro contributi in questo edificio intriso di storia fascista.

"Questo è il Padiglione Tedesco? Ah… Pensavo facessero qualcosa di più simile al Bauhaus.”

"Aaaaaah, il palazzo del Führer.”

"Questo posto ha un'aria un po' nazista.”

"Che bello spazio!"

"Perché i tedeschi hanno un edificio così nazista?"

"È uno spazio veramente fantastico e monumentale!"

"Non si può mettere una targa da qualche parte che racconti qualcosa sulla storia?"

"Non va assolutamente bene!"

“È valsa la pena di venire a Venezia solo per vedere questo posto."

"Non esiste un'architettura nazista. L'edificio è semplicemente una testimonianza del suo tempo.”

"Beh, l'edificio è bello..."

"Le qualità spaziali sono semplicemente meravigliose.”

"Non lo si può far saltare in aria?”

"L'ho pensato subito: è dell'epoca nazista..."

"Perché la Germania non fa qualcosa in proposito?"

"Una bella pietra!"

"La sala è davvero impressionante, non l'ho mai vista così prima d'ora."

"Questo è il Padiglione Tedesco?"

"Ha un non so che."

"Beh, penso che sia fico."

"... eppure è bello."

"Cosa ci si potrebbe mettere qui dentro..."

"Le dirò una cosa, non possono farci niente, ma non c'è un padiglione che rinneghi il proprio passato come quello tedesco."

"C'è un modo per dare il proprio parere a qualcuno qui?"

Il pubblico delle mostre reagisce spesso molto emotivamente al Padiglione Tedesco. Guardando i volti delle persone, si può notare il cambiamento delle loro espressioni e dei loro gesti. In molti commentano l'edificio - variando dal divertito all'indignato. Alcune delle eterogenee reazioni risalenti al 2021 sono state approfondite in conversazioni personali. Insieme alla storia e all'architettura del padiglione e alle tracce che gli interventi artistici hanno lasciato nel corso del tempo, esploreremo le domande del pubblico. Infine, nell'ultimo capitolo, chiederemo la vostra opinione personale su come confrontarsi con l'edificio!

Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht stanno attualmente scrivendo la loro tesi di laurea magistrale presso il Dipartimento di Architettura dell'Università Bauhaus di Weimar. Nel 2021 hanno svolto il lavoro di mediazione per il contributo tedesco alla 17a Biennale di Architettura di Venezia e condividono qui le loro esperienze riguardo alle diverse reazioni delle persone che hanno visitato l’edificio.

Ogni anno da capo?

"I PADIGLIONI VENGONO RICOSTRUITI OGNI ANNO?"

Padiglione Tedesco, 2021 Vista esterna del Padiglione Tedesco, 2021, foto/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

I GIARDINI DI NAPOLEONE

Nel 1808, una decina di anni dopo l'occupazione di Venezia, Napoleone Bonaparte incaricò l'architetto del paesaggio Giannantonio Selva di progettare i giardini reali nella parte più orientale di Venezia. A metà del XIX secolo i Giardini furono modificati e ricevettero un tocco più romantico.

Già nel 1887 una parte dei giardini fu sede dell'Esposizione Nazionale Artistica di Venezia, la quale confluì nel 1895 nell’Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia (Biennale). Questa mostra transnazionale d'arte contemporanea fu creata con lo scopo incentivare il turismo nella città, nonostante all'epoca solo pochi privilegiati potessero permettersi un viaggio a Venezia. Allo stesso tempo, l'esposizione venne concepita come una fiera commerciale e nacque in un momento in cui sempre più paesi volevano rafforzare la loro identità nazionale nel contesto di una simile competizione internazionale. Seppur la nozione di padiglioni nazionali oggigiorno non sembri più contemporanea, questa si è affermata nel corso del tempo e rende la Biennale di Venezia unica rispetto a circa 300 altre biennali nel mondo.

Enrico Trevisanato cominciò a costruire nel 1887 il padiglione centrale nei Giardini per ospitare le mostre d'arte. A questo seguì dal 1907 in poi la realizzazione di diversi padiglioni nazionali fino a raggiungere l'esaurimento del terreno negli anni '90 con la costruzione dell'ultimo padiglione.

Pianta urbana a contrasto di Venezia Pianta urbana a contrasto di Venezia, 2021, opera grafica/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

Nel contesto di Venezia. La Biennale ha sede presso i Giardini (a est) e presso l'Arsenale (a ovest). La Biennale di Venezia comprende attualmente anche la musica (dal 1930), il cinema (1932), il teatro (1934), l'architettura (1980) e la danza (1999).

Planimetria dei Giardini Planimetria dei Giardini, 2021, opera grafica/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

I padiglioni nazionali. Nel 1907 alcune nazioni iniziarono a presentare i loro contributi artistici in padiglioni realizzati appositamente e distribuiti nelle due sedi della Biennale, così come nello spazio urbano. Fino al 1995 furono edificati 29 padiglioni nazionali permanenti nei Giardini - dove si trova anche il Padiglione Tedesco.

Il Padiglione Belga Vista esterna del Padiglione Belga, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione del Belgio. Il primo padiglione nazionale fu progettato da Léon Sneyers nel 1907 come regalo al circolo artistico belga. Virgilio Vallot lo restaurò nel 1948.

Il Padiglione Tedesco Vista esterna del Padiglione Tedesco, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione Tedesco. Costruito nel 1909 come Padiglione Bavarese, esso fu uno dei primi ai Giardini. Dopo diverse ristrutturazioni fino al 1938, il Padiglione Tedesco subì nel 1964 qualche leggero ritocco strutturale.

Il Padiglione Coreano Vista esterna del Padiglione Coreano, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione Coreano. L'ultimo padiglione ad essere edificato ai Giardini fu l'edificio espositivo della Corea del Sud, progettato da Seok Chul Kim e Franco Mancuso nel 1995.

Pianta urbana a contrasto di Venezia Pianta urbana a contrasto di Venezia, 2021, opera grafica/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

Nel contesto di Venezia. La Biennale ha sede presso i Giardini (a est) e presso l'Arsenale (a ovest). La Biennale di Venezia comprende attualmente anche la musica (dal 1930), il cinema (1932), il teatro (1934), l'architettura (1980) e la danza (1999).

Planimetria dei Giardini Planimetria dei Giardini, 2021, opera grafica/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

I padiglioni nazionali. Nel 1907 alcune nazioni iniziarono a presentare i loro contributi artistici in padiglioni realizzati appositamente e distribuiti nelle due sedi della Biennale, così come nello spazio urbano. Fino al 1995 furono edificati 29 padiglioni nazionali permanenti nei Giardini - dove si trova anche il Padiglione Tedesco.

Il Padiglione Belga Vista esterna del Padiglione Belga, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione del Belgio. Il primo padiglione nazionale fu progettato da Léon Sneyers nel 1907 come regalo al circolo artistico belga. Virgilio Vallot lo restaurò nel 1948.

Il Padiglione Tedesco Vista esterna del Padiglione Tedesco, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione Tedesco. Costruito nel 1909 come Padiglione Bavarese, esso fu uno dei primi ai Giardini. Dopo diverse ristrutturazioni fino al 1938, il Padiglione Tedesco subì nel 1964 qualche leggero ritocco strutturale.

Il Padiglione Coreano Vista esterna del Padiglione Coreano, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione Coreano. L'ultimo padiglione ad essere edificato ai Giardini fu l'edificio espositivo della Corea del Sud, progettato da Seok Chul Kim e Franco Mancuso nel 1995.

Pianta urbana a contrasto di Venezia Pianta urbana a contrasto di Venezia, 2021, opera grafica/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

Nel contesto di Venezia. La Biennale ha sede presso i Giardini (a est) e presso l'Arsenale (a ovest). La Biennale di Venezia comprende attualmente anche la musica (dal 1930), il cinema (1932), il teatro (1934), l'architettura (1980) e la danza (1999).

Planimetria dei Giardini Planimetria dei Giardini, 2021, opera grafica/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

I padiglioni nazionali. Nel 1907 alcune nazioni iniziarono a presentare i loro contributi artistici in padiglioni realizzati appositamente e distribuiti nelle due sedi della Biennale, così come nello spazio urbano. Fino al 1995 furono edificati 29 padiglioni nazionali permanenti nei Giardini - dove si trova anche il Padiglione Tedesco.

Il Padiglione Belga Vista esterna del Padiglione Belga, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione del Belgio. Il primo padiglione nazionale fu progettato da Léon Sneyers nel 1907 come regalo al circolo artistico belga. Virgilio Vallot lo restaurò nel 1948.

Il Padiglione Tedesco Vista esterna del Padiglione Tedesco, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione Tedesco. Costruito nel 1909 come Padiglione Bavarese, esso fu uno dei primi ai Giardini. Dopo diverse ristrutturazioni fino al 1938, il Padiglione Tedesco subì nel 1964 qualche leggero ritocco strutturale.

Il Padiglione Coreano Vista esterna del Padiglione Coreano, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione Coreano. L'ultimo padiglione ad essere edificato ai Giardini fu l'edificio espositivo della Corea del Sud, progettato da Seok Chul Kim e Franco Mancuso nel 1995.

Pianta urbana a contrasto di Venezia Pianta urbana a contrasto di Venezia, 2021, opera grafica/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

Nel contesto di Venezia. La Biennale ha sede presso i Giardini (a est) e presso l'Arsenale (a ovest). La Biennale di Venezia comprende attualmente anche la musica (dal 1930), il cinema (1932), il teatro (1934), l'architettura (1980) e la danza (1999).

Planimetria dei Giardini Planimetria dei Giardini, 2021, opera grafica/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

I padiglioni nazionali. Nel 1907 alcune nazioni iniziarono a presentare i loro contributi artistici in padiglioni realizzati appositamente e distribuiti nelle due sedi della Biennale, così come nello spazio urbano. Fino al 1995 furono edificati 29 padiglioni nazionali permanenti nei Giardini - dove si trova anche il Padiglione Tedesco.

Il Padiglione Belga Vista esterna del Padiglione Belga, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione del Belgio. Il primo padiglione nazionale fu progettato da Léon Sneyers nel 1907 come regalo al circolo artistico belga. Virgilio Vallot lo restaurò nel 1948.

Il Padiglione Tedesco Vista esterna del Padiglione Tedesco, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione Tedesco. Costruito nel 1909 come Padiglione Bavarese, esso fu uno dei primi ai Giardini. Dopo diverse ristrutturazioni fino al 1938, il Padiglione Tedesco subì nel 1964 qualche leggero ritocco strutturale.

Il Padiglione Coreano Vista esterna del Padiglione Coreano, foto/© Wolfgang Träger

Il Padiglione Coreano. L'ultimo padiglione ad essere edificato ai Giardini fu l'edificio espositivo della Corea del Sud, progettato da Seok Chul Kim e Franco Mancuso nel 1995.

Nel contesto di Venezia. La Biennale ha sede presso i Giardini (a est) e presso l'Arsenale (a ovest). La Biennale di Venezia comprende attualmente anche la musica (dal 1930), il cinema (1932), il teatro (1934), l'architettura (1980) e la danza (1999).

"Sarebbe bello poter cliccare sull'edificio con un pulsante. Fai clic e sparisce, clic e riappare. Abbiamo demolito il Palast der Republik (Palazzo della Repubblica a Berlino) e magari tra 30 anni lo ricostruiremo - mi piacerebbe accelerare la cosa. Ma la tecnologia non è ancora pronta. È evidente che l'edificio non può essere ignorato, così come non può essere ignorato il passato."

2010, Christoph Schlingensief La vedova Aino Laberenz e la curatrice Susanne Gaensheimer realizzarono l'intervento artistico postumo di Christoph Schlingensief per la Biennale 2011. L’intervento fu premiato con il Leone d'Oro per la miglior Partecipazione Nazionale.

Volo sopra Venezia Volo sopra Venezia, ripresa con drone/ © Giovanni Pelligrini

Il Padiglione Tedesco 

venne progettato nel 1909 come Padiglione Bavarese: un semplice edificio a forma di tempio, sotto la direzione dell'architetto italiano Daniele Donghi. Nel 1912 fu riprogettato e ribattezzato. Nel 1943 il padiglione diventò proprietà ufficiale della Repubblica Federale Tedesca e fa attualmente parte delle proprietà del Ministero federale degli affari esteri.

I nazisti compresero presto l'immenso potenziale propagandistico della prestigiosa Biennale di Venezia. Fu proprio qui che nel 1934 Hitler incontrò Mussolini per la prima volta, incaricando subito dopo Ernst Haiger di trasformare radicalmente il padiglione con l’obiettivo di uniformarlo entro il 1938 all'estetica fascista. I simboli del Terzo Reich - l'aquila e la svastica - vennero rimossi dall'edificio nel 1948 a guerra conclusa. Dopo questi e altri interventi di poco conto nel 1964 la struttura del padiglione è rimasta invariata nello stesso luogo.

Ingresso del Padiglione Tedesco Ingresso del Padiglione Tedesco, 2021, foto/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

Con una superficie di circa 450 m² il Padiglione Tedesco è situato su una collinetta nella parte sud-est dei Giardini. Nelle immediate vicinanze si trovano i padiglioni di Regno Unito, Canada, Corea e Giappone. L'aspetto architettonico generale è racchiuso, ampio all’interno e si limita a forme geometriche elementari. L'edificio espositivo, che fu radicalmente rivisitato e ampliato più volte in stile neoclassico fino al 1938, è composto nell'area d'ingresso da quattro pilastri a base rettangolare. La pietra del portico con il suo architrave senza frontoni è decorata con la parola “Germania" in grandi lettere. All'interno la struttura è articolata in tre navate, che ospitano cinque sale rettangolari di diverse dimensioni con un'altezza libera tra gli 8,50 e i 10,70 metri. La sala centrale è delimitata nella parte posteriore da un'abside a pianta semicircolare.

FOGLIE

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Ogni mattina, prima che le porte dei Giardini si aprano ai visitatori, tutti i padiglioni e l'intero complesso vengono preparati. Si spazzano via le foglie, si aprono le porte e si preparano le mostre.

1909 - Costruzione del Padiglione Tedesco. Il Padiglione Bavarese, disegnato dall'artista e presidente della secessione di Monaco Hugo von Habermann e realizzato dall'architetto veneziano Daniele Donghi, colpiva per le sue delicate colonne ioniche e per la scritta "Padiglione Bavarese" sul timpano. La secessione di Monaco, un'associazione di artisti visivi, fu responsabile dell'esposizione e della manutenzione del padiglione nelle due biennali seguenti.

1912 - Modifica della facciata. In seguito alla nuova denominazione "Padiglione Tedesco", l'edificio ricevette una decorazione anticheggiante.

1932 - XVIII Biennale. Non potendo la Germania partecipare per ragioni finanziarie, il padiglione venne utilizzato dall’Austria. La decorazione venne rimossa e una piccola anticamera centrale aggiunta.

1938 - Espansione e riprogettazione del padiglione da parte dei nazisti. L'architetto Ernst Haiger, già noto ai nazisti, venne incaricato nel 1934 di riprogettare completamente il Padiglione Tedesco. Egli eliminò le colonne ioniche e il portico con timpano greco e conferì all'edificio la sua monumentalità strettamente geometrica con architrave rialzato, pilastri angolari e una lunga e grande sala; sul retro venne aggiunta un'abside a pianta semicircolare. La scritta "Germania" venne aggiunta sull'architrave. Questa ristrutturazione caratterizza ancora oggi l'aspetto del padiglione.

1964 - Leggera ristrutturazione. Eduard Trier fece rimuovere il muro della sala centrale verso l'abside e le rivestiture in tela dei soffitti, che erano tese a mo' di controsoffitto sopra allo stucco. Vennero inoltre ingranditi i due plinti laterali in modo da ottenere dei "palchi esterni" e realizzate delle entrate laterali.

1995 - La Biennale d'Arte compie 100 anni. In occasione dell'anniversario, il padiglione venne completamente ristrutturato e dipinto di giallo.

Dopo la seconda guerra mondiale l'idea di un nuovo edificio fu presa in considerazione a più riprese. Già nel 1951 furono elaborati alcuni progetti, che divennero però più concreti nel 1956, anno in cui vennero contattati architetti rinomati. Arnold Bode si impegnò in modo particolare e presentò i piani per la riprogettazione nel 1957. Per ragioni finanziarie, tuttavia, questi piani non furono realizzati e ci si limitò a interventi di natura pratica.

“Certo, il padiglione è solo un involucro, ma in una mostra così importante come quella della Biennale, anche l'involucro conta."

2010, Arno Sighart Schmid Nel 2010 Arno Sighart Schmid, in qualità di presidente della Camera federale degli architetti, ha riaperto il dibattito su un possibile nuovo edificio per il Padiglione Tedesco, sostenendo che quello attuale non renderebbe giustizia all'immagine democratica che la Germania ha di sé.

Oltre all'involucro esterno, anche gli interni e la tipologia delle presentazioni sono cambiati più volte dalla prima mostra del 1909. Nei primi anni gli artisti (per lo più uomini) si esibivano in grandi mostre collettive. Il Padiglione Tedesco assomigliava all'epoca a una nobile casa espositiva: mobili in legno, pavimenti in parquet a spina di pesce e rivestimenti murali in colori diversi a seconda della stanza invitavano il pubblico a trattenersi in un'atmosfera di benessere nello spirito dell'architettura riformista. Il padiglione era suddiviso in una stanza centrale e tre stanze laterali. L'edificio invitava i curatori e le curatrici a organizzare le mostre in base al genere trattato. I quadri erano appesi in modo classico nella sala principale, le sculture erano disposte liberamente.

  • Padiglione Tedesco 1909 © Archiv Dr. Samsinger, Imagno, picturedesk.com
  • Padiglione Tedesco 1936 © Archivio Storico della Biennale di Venezia - ASAC
  • Anne Imhof, Faust, 2017 Eliza Douglas and Franziska Aigner in Anne Imhof, Faust, 2017 German Pavilion, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia © Photography: Nadine Fraczkowski Courtesy: German Pavilion 2017, the artist
  • Fabrik 2015 Fabrik: Jasmina Metwaly/Philip Rizk, 2015 © Manuel Rainartz

Gli interni cambiarono radicalmente con la ristrutturazione del 1938. Il parquet lasciò posto a un pavimento freddo e duro in Chiampo mandorlato, una pietra veneta. Questa venne poi sostituita nella sala centrale con una pietra naturale in seguito all’intervento di Hans Haacke nel 1993. I rivestimenti murali colorati furono rimpiazzati da un'intonacatura bianca. L'aggiunta delle due stanze laterali posteriori e dell'abside, così come la conseguente espansione della grande sala, posero l'accento sull'area centrale - con le sei sale ricavate ad articolare gli spazi dell'edificio. Da questo momento in poi le sale anteriori furono utilizzate per presentare i dipinti, le sale laterali più piccole per le opere grafiche e l'abside semicircolare destinata all'installazione di sculture.

 

Parallelamente al modesto ma di fatto significativo intervento strutturale del 1964, l'allora commissario Eduard Trier decise di prendere le distanze dalle mostre di gruppo e di esporre invece posizioni artistiche individuali. La rigida disposizione spaziale venne addolcita rimuovendo la parete posteriore nella sala centrale. La rimozione dei soffitti luminosi agevolò inoltre una gestione più libera dello spazio da parte degli artisti e delle artiste, che iniziarono a confrontarsi attivamente con l'edificio e a mettere in discussione ciò che era stato fino a quel momento. La "Große Raumplastik" (1964) di Norbert Kricke, per esempio, non fu solo la prima opera artistica creata appositamente per il Padiglione Tedesco, ma sembrava addirittura volersi opporre con il suo aspetto alla rigida simmetria dell'architettura nazista.

Abbatterlo e basta?

"NON LO SI PUO' SEMPLICEMENTE ABBATTERE?"

Liam Gillick, Scale model for a building in a Public Garden, 2009 Foto: Axel Schneider, Francoforte sul Meno 2009, © Museo d'Arte Moderna di Francoforte.

IL DIBATTITO

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale l'idea di un nuovo edificio o di una ristrutturazione è stata presa in considerazione diverse volte. Numerosi architetti si sono espressi fino ad oggi attraverso progetti, articoli e riflessioni su ciò che essi ritengono debba essere fatto con il padiglione. Alcuni hanno addirittura sollecitato una demolizione, altri quantomeno un intervento sostanziale, ad esempio tramite un commento architettonico. Pochissimi sono stati favorevoli al mantenimento dell’aspetto attuale del padiglione.

Il Padiglione Tedesco 1938 Foto: Giacomelli 1938, © Archivio Storico della Biennale di Venezia - ASAC

Prime considerazioni. Per la prima Biennale dopo la seconda guerra mondiale nel 1948 vennero rimossi dal padiglione solamente gli emblemi nazionali nazisti: l'aquila sopra l'ingresso centrale e le svastiche sulle porte laterali. Non essendo la Germania ufficialmente invitata alla Biennale, quell'anno il padiglione fu utilizzato per una mostra sull'impressionismo francese. Nel 1950 la Repubblica Federale Tedesca, in qualità di successore legale ufficiale del Terzo Reich, rilevò la proprietà del padiglione e lo fece ristrutturare completamente. In questo periodo vennero prese in considerazione le prime idee per un ammodernamento o una riprogettazione del padiglione, idee che tuttavia divennero più concrete solo nel 1956, quando il Deutsche Kunstrat (Consiglio dell'Arte Tedesco) iniziò a contattare architetti di fama internazionale per un concorso di idee. Tra gli altri, Egon Eiermann, Ludwig Mies van der Rohe e Hans Scharoun furono invitati a confrontarsi con l'edificio di rappresentanza.

  • Liam Gillick, Scale model for a building in a Public Garden, 2009 Foto: Axel Schneider, Francoforte sul Meno 2009, © Museo d'Arte Moderna di Francoforte.
  • Vista principale © Arnold Bode
  • Vista laterale © Arnold Bode
  • Piano terra © Arnold Bode
  • Piano superiore © Arnold Bode
  • Liam Gillick, Scale model for a building in a Public Garden, 2009 Foto: Axel Schneider, Francoforte sul Meno 2009, © Museo d'Arte Moderna di Francoforte.

ARNOLD BODE

Arnold Bode, artista, fondatore e direttore di documenta a Kassel, aveva una particolare lamentela riguardo all'"edificio di rappresentanza anti-umano" a Venezia. Bode non si è mai stancato di presentare le sue proposte per una riprogettazione, stima complessiva inclusa, al Ministero degli affari esteri - per la prima volta nel 1957 e a più riprese fino al 1964, anno in cui ha ricevuto il rifiuto definitivo.

La sua idea consisteva nell'esprimere in architettura i nuovi ideali democratici della Germania. Egli propose di spostare di lato l'ingresso in modo da eliminare le rigide assialità e monumentalità. L'intero portico sarebbe stato ricoperto da un muro e lo spazio espositivo delle sale, che secondo lui erano sovradimensionate, sarebbe stato ampliato aggiungendo un piano superiore incassato. L'artista Liam Gillick ha esposto il progetto di Bode sotto forma di modello architettonico nel suo contributo alla Biennale del 2009, rimettendo così in discussione la gestione del Padiglione Tedesco.

"Se si guarda quello della Gran Bretagna o quello della Francia dall'altra parte della strada sulla collina, questa non è certo l’immagine si sé che i britannici o i francesi vogliono diffondere nel mondo. Eppure nessuno pensa di invocare la demolizione di quei padiglioni.”

2010, Hans Haacke L'artista Hans Haacke prese posizione in modo drastico con il suo iconico contributo del 1993, facendo rimuovere le lastre di pietra dal pavimento della sala principale.

Un'altra occasione per trasformare il padiglione, che fino ad allora era stato esplicitamente tedesco-occidentale, si presentò con la riunificazione tedesca all'inizio degli anni '90. Un nuovo inizio nelle vesti di un concorso internazionale di idee lanciato dal Deutsches Architekturmuseum nel 1997 non ha però mai ricevuto riscontro. Il progetto si è scontrato con un nuovo regolamento delle autorità veneziane che, oltre al sito protetto della Biennale, ha posto dal 1998  sotto tutela monumentale anche tutti i padiglioni nazionali dei Giardini.

PORTA

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Il Padiglione Tedesco apre il suo ingresso. E così i quattro ingranaggi della serratura rimbombano nelle enormi sale.

I dibattiti riguardo alla gestione dell'edificio continuarono anche dopo la fine del millennio. Nel 2010 Christoph Schlingensief espresse il desiderio di far sparire il padiglione premendo un pulsante. I media interpretarono questa affermazione come un appello per la sua demolizione. Schlingensief voleva tuttavia solo sottolineare che la sovrascrittura del passato attraverso la demolizione e la ricostruzione non era, a suo parere, un mezzo utile per fare i conti con il passato. Ciò nonostante Arno Sighart Schmid, allora presidente della Camera federale degli Architetti, chiese un anno dopo che il padiglione fosse demolito in quanto la sua monumentalità non solo era opprimente, ma non avrebbe mai rispecchiato l'immagine democratica di sé della Germania. Schmid indisse quindi un concorso pubblico per la progettazione di un nuovo edificio.

In seguito il Deutscher Werkbund ("Lega tedesca artigiani") invitò 22 rinomati studi di architettura tedeschi a confrontarsi con il Padiglione Tedesco per la 14. Mostra Internazionale di Architettura. Il Werkbund classificò fittiziamente l'edificio come fatiscente per permetterne la ricostruzione o la demolizione.

Brandlhuber+ / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani "" this is modern"" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Brandlhuber +. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Uwe Schröder / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Uwe Schröder. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Jürgen Meyer H. / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Jürgen Mayer H. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

LRO Lederer + Ragnarsdóttir + Oei / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Lederer + Ragnarsdóttir + Oei. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

GRAFT / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Graft. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Jan Kleihues / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Jan Kleihues. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Brandlhuber+ / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani "" this is modern"" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Brandlhuber +. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Uwe Schröder / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Uwe Schröder. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Jürgen Meyer H. / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Jürgen Mayer H. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

LRO Lederer + Ragnarsdóttir + Oei / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Lederer + Ragnarsdóttir + Oei. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

GRAFT / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Graft. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Jan Kleihues / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Jan Kleihues. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Brandlhuber+ / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani "" this is modern"" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Brandlhuber +. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Uwe Schröder / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Uwe Schröder. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Jürgen Meyer H. / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Jürgen Mayer H. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

LRO Lederer + Ragnarsdóttir + Oei / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Lederer + Ragnarsdóttir + Oei. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

GRAFT / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Graft. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Jan Kleihues / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Jan Kleihues. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Brandlhuber+ / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani "" this is modern"" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Brandlhuber +. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Uwe Schröder / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Uwe Schröder. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Jürgen Meyer H. / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Jürgen Mayer H. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

LRO Lederer + Ragnarsdóttir + Oei / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Lederer + Ragnarsdóttir + Oei. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

GRAFT / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Graft. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Jan Kleihues / Andrew Alberts Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, vista del modello espositivo 1:100 (foto del modello) (contributo alla mostra del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " this is modern" Venezia 2014 Foto/© Andrew Alberts

Jan Kleihues. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Brandlhuber +. Padiglione Tedesco, Venezia. Riprogettazione, (foto del modello) – Contributo alla mostra "This is Modern” del Deutscher Werkbund / Lega tedesca artigiani " Venezia 2014.

Le mostre delle biennali di architettura e d'arte si alternano annualmente nel padiglione tedesco. Mentre gli architetti raramente si esprimono nei loro contributi in merito alla problematica del trattamento del padiglione, questo dibattito si riflette molto spesso nei contributi artistici. Essendo l'edificio destinato ad un uso temporaneo, ogni mostra ha un carattere pionieristico. I team che si alternano devono inoltre confrontarsi costantemente con le condizioni lavorative pratiche in un edificio sotto tutela monumentale, condizioni che rispecchiano la durezza del suo involucro esterno: il padiglione non ospita ad oggi né servizi igienici, né locali adibiti al lavoro o all'immagazzinamento e non è dotato di aria condizionata.

Atmosfera del Padiglione Tedesco Atmosfera del Padiglione Tedesco, 2021, Video/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

INTERVENTI ARTISTICI

Gli artisti e le artiste del Padiglione Tedesco trattano il dilemma della struttura in modi diversi. Con i loro contributi confrontano e discutono, spesso tramite interventi temporanei, il passato nazista della Germania che ancora oggi segna edificio. 

  • Gregor Schneider, Totes Haus ur, 2001 © Gregor Schneider, VG Bild-Kunst, Bonn, 2021
  • Joseph Beuys, Straßenbahnhaltestelle, 1976 © VG Bild-Kunst, Bonn 2021; Werner Krüger, Courtesy Stiftung Museum Schloss Moyland
  • Georg Baselitz, Modell für eine Skulptur, 1979/80 © Regine Esser
  • Anne Imhof, Faust, 2017 © Ugo Carmeni
  • Hans Haacke, Germania, 1993 © VG Bild-Kunst, Bonn 2021; Roman Mensing
  • Gerhard Richter, 48 Portraits, 1972 © Gerhard Richter 2021 (07122021)

Nel 1972, per esempio, Gerhard Richter ha affrontato con i suoi 48 ritratti l'idea di rappresentazione all'interno dell'edificio nazista. Nel 1976 l'installazione di Joseph Beuys "Straßenbahnhaltestelle" (Fermata del tram) fece da pendant al programma nazista di scultura, richiamando, in chiave critica, l'attenzione sul passato mediante la perforazione del pavimento del padiglione fino alle acque sotterranee. Georg Baselitz espose nel 1980 una figura in legno di tiglio. Con il braccio destro teso e una forte somiglianza con Adolf Hitler, la figura indicava l'abside dell'edificio e alludeva chiaramente al passato nazionalsocialista. Iconico fu anche il contributo critico del 1993, quando Hans Haacke distrusse per la sua mostra "Germania" il pavimento di pietra della sala centrale (spesso considerato marmo), togliendo letteralmente il terreno da sotto i piedi dalle persone in visita all'edificio fascista. Nel 2001 Gregor Schneider installò nel padiglione la villetta a schiera dei suoi genitori (provenienti da Mönchengladbach-Rheydt) con il titolo "Totes Haus u r". Schneider, grazie a questa mancata tematizzazione della storia dell'edificio e alla sua banalizzazione, privò il padiglione della sua importanza. Isa Genzken, in modo simile, fece sparire il padiglione nel 2007 coprendolo con una rete da cantiere. Liam Gillick espose il progetto di Arnold Bode sotto forma di modello nel 2009, Christoph Schlingensief trasformò l'interno del padiglione in una "Chiesa della Paura" nel 2011, Germania e Francia si scambiarono gli edifici nel 2013. Il "Faust" di Anne Imhof nel 2017 può essere inteso come un'allusione diretta al passato del padiglione, trattando esso temi quali il potere e l'impotenza, l'arbitrio e la violenza, la resistenza e la libertà.

Si risparmia qui?

"I TEDESCHI HANNO RISPARMIATO, NO?"

Il Padiglione Tedesco © Ugo Carmeni

TRACCE

Un po' come un palinsesto, il Padiglione Tedesco viene costantemente riscritto. L'architettura tipica della Germania nazista è solo uno dei tanti strati. Senza la sua appassionante storia il Padiglione Tedesco non sarebbe mai diventato la sede di tutte queste eterogenee e stimolanti discussioni. Questa continua sovrascrittura delle diverse epoche e degli interventi artistici è visibile in diversi angoli dell’edificio.

Il Padiglione Tedesco 2017 © Ugo Carmeni
Il Padiglione Tedesco 2017 © Ugo Carmeni

Parecchie altre tracce non possono più essere identificate. Benché se ne possano ricondurre alcune alle rispettive mostre, altre rimangono anonime o per sempre nascoste dietro a intonaco e pittura. Questo perché ogni anno, al momento della consegna, il padiglione viene verniciato, stuccato e riparato laddove ve ne sia bisogno. A meno che ciò che è passato prima non sia esplicitamente destinato a rimanere visibile - come nel caso del contributo di Joseph Beuys, il quale prese in consegna il padiglione completamente non rinnovato nel 1976. Anche queste riparazioni fanno parte della storia culturale del Padiglione Tedesco. Dietro i molti strati di vernice rimangono nascosti numerosi contributi e storie di mostre passate - fino a che l’artista non li scopre nuovamente.

Dite la vostra!

"C'È UN MODO PER ESPRIMERE IL PROPRIO PARERE QUI?"

Veduta interna del Padiglione Tedesco Veduta interna del Padiglione Tedesco, 2021, Foto/© Avital Greenshpon e Ferdinand Knecht

Sguardo sul presente. Architettonicamente, il Padiglione Tedesco ha cambiato forma diverse volte, per poi rimanere invariato per decenni, quasi fosse storicamente congelato. Le proposte di demolizione e ricostruzione sono state finora respinte, gli interventi artistici e le discussioni sono di natura effimera. Come osservare oggi, nel 2022, questo "monumento" proveniente da un'altra epoca? A partire da dei retroterra sempre più eterogenei in una società globalizzata? Si moltiplicano con insistenza gli appelli a ripensare e a estinguere un passato indesiderato scolpito nella pietra. Si mettono in discussione i poteri decisionali. Si diversificano le voci che rivendicano il diritto a dire la loro. Allo sguardo maschile, che pure predomina nella storia del Padiglione Tedesco, faranno da contraltare in futuro punti di vista più diversificati.

CONVERSAZIONI

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Nel Padiglione Tedesco le persone fanno domande, discutono e parlano di lavoro. Le mostre stimolano di volta in volta conversazioni e discussioni.

Anche il vostro voto conta!

Volo sul Padiglione Tedesco Volo sul Padiglione Tedesco, ripresa con drone/ © Giovanni Pelligrini

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